Quello che fa più irritare di ciò che è accaduto domenica mattina nella chiesa di Sant’Antonio

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Ci sono ancora, ahinoi, molte cose che fanno irritare della incresciosa vicenda anastasiana che domenica scorsa, 22 marzo 2020, in piena emergenza coronavirus e a poche ore dalla diretta con la quale il premier Conte inaspriva le misure di quarantena a cui gli italiani (ed un altro miliardo di persone) sono costretti. Una vicenda finita su tutti i giornali e anche in televisione. Domenica scorsa i Carabinieri di Sant’Anastasia, per chi ancora non ne avesse avuto notizia ma ne dubito, hanno fatto irruzione nella chiesa di Sant’Antonio per interrompere la celebrazione di una messa celebrata dal parroco a cui partecipavano altri nove fedeli. Senza fare il paladino di nessuno o, al contrario, senza usare accanimento contro altri, e tentando di non essere ridicolo come ognuno di noi può esserlo senza nemmeno accorgersene, provo a ragionare e ad elencare, per brevi manu, così come mi vengono a mente, attorno ad alcune cose che di questa storia fanno ancora e tanto irritare.

1) Fa irritare molto, per esempio, il fatto che a padre Giacomo, di cui tutti conosciamo i pregi e le belle qualità, sia stato detto più volte nei giorni antecedenti, visto che la celebrazione della messa privata veniva fatta da giorni sempre alle 8 nonostante il divieto dello Stato, del Vaticano e del buon senso, e padre Giacomo non abbia voluto ascoltare. A dirglielo erano state tante persone che, molto di più di quelli che oggi fanno i suoi difensori, sono a lui legati per affetto sincero, per antica amicizia o persino per l’appartenenza alla stessa comunità religiosa. Non a caso, il superiore del convento, padre Giovanbattista assieme a padre Francesco Petrone, avevano più volte detto al loro confratello di non celebrare quella messa alle otto del mattino con altri laici fedeli presenti in chiesa a porte chiuse. Ma il caro padre Giacomo non ha voluto ascoltare né loro né altri e nessuno dei consigli dati. Forse a causa dello stesso smarrimento che si prova ad una certa età (ne ha più di 70) quando, per la prima volta nella tua vita da frate, sei impedito a dire messa assieme ad altri fedeli.

2) Fa irritare ancora e molto il fatto che a fare la selezione tra chi avrebbe potuto partecipare in chiesa alle 8 ad una messa “privata” e chi no non è stata una selezione, magari un bando pubblico (che ovviamente non poteva esserci visto il divieto), con il quale in rappresentanza dell’intera comunità anastasiana che è nella parrocchia di Sant’Antonio, venivano “scelti” solo nove a cui “dare mandato e privilegio” di pregare per tutti e celebrare messa, nonostante il divieto. Solo nove prescelti tra i novantanove e più che avevano, hanno e avranno lo stesso legittimo desiderio, da ferventi fedeli, di ascoltare una messa soprattutto in questi tempi bui. Chi ha scelto i nove? E come si può pensare di celebrare una messa privata senza capire che il solo fatto d’essere una messa “riservata” a pochi non potesse far venire in mente, agli altri anastasiani le peggiori cose, le disuguaglianze, il censo, l’aristocrazia che Sant’Anastasia ha dovuto patire per decenni? Tutto ciò, insomma, che cozza di brutto con il Vangelo, per il quale, per fortuna e da sempre, siamo tutti uguali davanti a Dio. Una deriva, questa, venuta in mente a tutti, destinata ad amplificarsi se gli altri anastasiani sapessero (come molti già sanno) chi erano i nove che sono risultati più fortunati.

3) Fanno irritare anche quelli che vogliono mettere sul patibolo Giacomo, un francescano ultrasettantenne a cui, per protezione, affetto, tutela, almeno alcuni (con scienza e coscienza) dei nove avrebbero dovuto dire “No! Non possiamo partecipare a questa messa privata! Celebrala da solo tu, come accade a tanti tuoi confratelli nel mondo in questi giorni. Ma prega anche per noi e per ognuno che è chiuso in casa. Che muore, che soffre!” E, invece, a nessuno dei nove (per distrazione, fervore mistico, strafottenza, menefreghismo o status simbol) è venuto in mente di tutelare chi più doveva essere tutelato in questa storia: un francescano ultrasettantenne e parroco che aveva ed ha diverse patologie serie e pericolose per la sua stessa vita se messe alla prova del contagio. Voglio pensare che nessuno dei nove, a cui dobbiamo comunque e sempre volere del bene, aveva seriamente compreso le conseguenze del gesto reiterato (fatto cioè anche nel corso delle mattine antecedenti) nonostante il grado culturale che avevano ed hanno.

4) Fa irritare, però, anche la caccia alle streghe. Quella che vuole mettere sulla gogna questi nove, che vuole affidargli, a tutti i costi, il titolo di “signorotti” del paese che hanno voluto mettere a repentaglio la loro salute, quella di Giacomo e degli altri con cui hanno a che fare comunque. Tra di loro (cioè i nove presenti) ci sono anche storie semplici di concittadini e concittadine che, come tutti noi, hanno paura e hanno voluto scegliere un solo modo per rifugiarsi nella fede: quello sbagliato. Non sarò certo io né altri, spero, ad accettare il ruolo di giudice. Hanno sbagliato, di certo! E anche più del caro padre Giacomo che avrebbe celebrato lo stesso la messa in solitudine o via internet come stanno facendo tanti altri confratelli e anche il suo superiore diretto, il caro padre Giovanni Battista.

5) Fa irritare, ancora, che questi cari nostri nove concittadini non abbiamo sentito il dovere di chiedere “scusa”, almeno finora, né alla comunità francescana di Frati nella persona del superiore, padre Giovanni Battista che era contrario sin dal primo momento. Né agli altri loro concittadini che sono chiusi in casa, e si sono, con giusta ragione, irritati alla notizia dacché cercano di osservare un divieto assai pesante unicamente per tutelare gli altri e se stessi. Molti di questi hanno già perso il lavoro per stare chiusi in casa. A volte chiedere scusa non è sottomettersi ma riconoscere l’errore, lo sbaglio, e così dare testimonianza di Vangelo. Quella testimonianza vera di quello stesso Vangelo in cui credono e per i quali, questi nostri cari nove concittadini hanno sfidato il divieto dello Stato, del Vaticano e del buon senso. La fede, se non è bigottismo o privilegio, deve insegnare più di ogni altra cosa a chiedere scusa e a dare l’esempio altrimenti resta bigottismo. Senza nessuna offesa per i nostri cari nove concittadini a cui voglio bene come ne voglio a Giacomo da decenni.

6) Fa irritare, e molto, che in un paese, Sant’Anastasia, dove c’è chi nega la legalità da sempre, chi elude il fisco, chi si macchia di crimini nefasti come prendere tangenti, si continui a negare ogni colpa, ogni sbaglio, ogni errore che tutti possiamo commettere ma tutti dobbiamo avere il coraggio e la statura di poter ammettere per riconoscere lo sbaglio soprattutto se presi in flagranza di reato. Questo paese ha un fottuto (perdonatemi il francesismo) bisogno di legalità e di esempi veri che vivano di legalità. Questa storia proprio non aiuta se c’è, ancora oggi, chi si mette a scrivere post in difesa di padre Giacomo e degli altri nove (per leccaculismo stupido o stupidità vera) come se chi pretende la legalità voglia del male a Giacomo e agli altri nove. Credo sia esattamente il contrario. Sicché, così come è saggio non continuare a mettere sul patibolo padre Giacomo e gli altri nove, è altrettanto saggio non scrivere parole incomprensibili e tediose o pubblicare post, alimentando divisioni e scontri in un momento inopportuno. Magari per difendere, ad ogni costo, il diritto e la libertà di poter celebrare una messa in privato per pochi con tanto di divieto ed in piena emergenza coronavirus. Forse il silenzio su questa vicenda (che ho violato anch’io con questo intervento) è più rispettoso per tutti e non è affatto una questione di omertà che, come è noto, non mi appartiene. Augurandoci che tutto vada bene.

7) Fa irritare, per finire, che oggi si possa ancora pensare che un vero cristiano, per sentirsi tale in un momento di emergenza mondiale, debba ascoltare una messa privata e vietata. A me ha fatto un certo effetto sapere che i Carabinieri sono stati costretti ad entrare in una chiesa (non solo a Sant’Anastasia) per fermare riti religiosi o, addirittura, il momento della consacrazione così come è stato quando, in effetti, gli uomini dell’Arma hanno fatto irruzione nella chiesa di Sant’Antonio per fermare la messa. Ha fatto effetto sapere che hanno, come dovevano, “schedare” tutti i presenti e multarli uno ad uno con tanto di denuncia penale. Le chiese, come ha voluto saggiamente Francesco Bergoglio, che sa guardare sempre oltre la sua stessa Chiesa, i privilegi o i bigottismi, ha vietato le messe con i fedeli ma voluto le porte aperte di tutte le chiese d’Italia tutti i giorni per poter pregare davanti ad un tabernacolo o alla statua del Santo venerato. Non me ne voglia nessuno se ho ritenuto opportuno, con questo mio intervento in questo momento, puntualizzare, dopo aver letto di striscio la copiosa “messe” di commenti e post favorevoli o contrari di condanna o di assoluzione pubblicati fino a poco fa sulla rete.

Nel frattempo, tutte le volte che possiamo, vogliamoci bene che, in fondo, è l’unica cosa che conta e, forse, dicono, faccia pure molto bene di questi tempi… volersi bene.

francesco de rosa | autoferrotranviere

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