Quattro anni fa andò via Luigi Frascone, tra i miei pochi migliori amici.

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Quattro anni fa, di questa notte, andò via Luigi Esposito (per tutti Giggino Frascone). Luigi era tra i miei migliori amici. Di quelli che la vita ti dà in dono e con cui poter stabilire una sintonia senza fine. Tra quei pochi legami che conoscono la tua vita davvero e tu conosci la loro sin dalle cavità carsiche che la vita presenta. Luigi era un’anima candida, limpida, luminosa. L’ho visto piangere quando i ladri entrarono nella sua officina meccanica dove aveva investito i suoi risparmi per comprare nuove attrezzature. Mi ha visto piangere quando ho dovuto attraversare momenti difficili. Gli amici veri vivono il pregio di mostrarsi come la vita li forma loro malgrado. Nessuno poi avrebbe potuto immaginare che quella sua vita potesse interrompersi per un infarto alle tre di notte del 28 dicembre 2016.

Luigi non ebbe nemmeno il tempo di rendersi davvero conto. Sbalzato dal clima delle feste natalizie che stava vivendo al baratro di un addio tragico e beffardo arrivato di notte senza preavviso. Una settimana prima eravamo andati a casa del compianto Raffaele Ranieri, anch’egli caro ai nostri cuori, morto il 23 dicembre di quello stesso anno perché malato da tempo e impegnato a lottare contro il brutto male da cui voleva guarire. Luigi, invece, non ebbe nemmeno il tempo di preparare i suoi cari. Quando scendemmo dalla casa del compianto Raffaele Ranieri, tristi come lo si può essere in circostanze così dolorose, io e Luigi parlammo della morte e della paura che la morte porta con sé. Fu un instante mentre, seduti in auto fuori casa sua, parlavamo del futuro. Più forte era la voglia di viverlo. Quella sera mi fece vedere sul suo telefonino le immagini delle nuova casa a cui stava lavorando. Portava il sorriso del miglior padre di famiglia pensando alla sua Assia e alla sua nuova cameretta. Pensava a Vincenzo il suo figlio maschio. Luigi piegava la schiena d’estate e d’inverno, di caldo torrido o freddo intenso, in un’officina meccanica che si era costruita con amore come il più zelante dei lavoratori. Nessuna tutela, nessun pedigree di privilegi. Luigi era stato e stava per la strada della vita a testa alta. Frequentò la scuola di perfezionamento meccanico presso il corso Malta a Napoli e furono anni di frontiera. In quegli anni arrivò che era d’estate l’idea di vendere metraggi di panno pelle, di quelli che agli automobilisti servono molto. Mi raccontò la soddisfazione che aveva provato nel venderli tutti. Quando, anni dopo, potette mettere a frutto la sua antica e grande passione per le auto e e moto d’epoca, gli suggerii di scegliere un logo per il suo club di auto e moto d’epoca. Quando, dopo averlo realizzato, glielo feci vedere aveva l’entusiasmo di un bambino che contagiò all’istante tanto da stamparlo a dimensioni giganti e attaccarlo fuori la sua officina meccanica che, nel frattempo, era diventata un porto di mare, di passioni, di idee e di amici che si ritrovavano anche quando le loro auto non avevano alcuna anomalia da riparare.

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Luigi Frascone era un passionale. Aveva lo sguardo della curiosità e della bellezza. Era una di quelle poche persone per cui andavo fiero di essere anastasiano. Uno di quelli per i quali se mi dovesse capitare di dare a Sant’Anastasia (come lui stesso mi suggeriva) un impegno diverso da quello solo umano e culturale che ho dato finora non sarebbe che dedicato a lui. Alla bellezza dei pensieri che aveva quando parlava del futuro di Sant’Anastasia. Luigi conosceva molte trame nefaste della sua città ed altre ne conoscevo io che ce le raccontavamo sin dai tempi della prima esperienza del giornale “Cittadino” vissuta assieme. Conoscevamo bene il gruppo dei nomi (noti ed ignoti) che hanno fatto il male di questa terra. Davanti ad essi Luigi aveva avuto sempre la forza di dire “no” a tutte le lusinghe e le prossimità delle tante forme di illegalità che toccava con mano, che vedeva ogni giorno vivendo per strada, venendo da una lunga gavetta che ancora durava.

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Quattro anni più tardi la sua dipartita mi coglie ancora e del tutto impreparato tanto da provocare la stessa infinita tristezza che arrivò quella mattina presto del 28 dicembre 2016 con una telefonata che mi trasmise l’impensabile. Assieme a me e ad altri, da Fernardo a Pasquale Abete, a Marco, a Piero, a Mimmo, per ricordare solo alcuni che lo hanno conosciuto bene e da vicino (oltre la sua famiglia e i parenti più stretti) Luigi sapeva imbastire orizzonti d’avvenire, un motivo d’ottimismo sempre per guardare le cose anche quando le cose erano solo immensi ostacoli di condizione e di vita da superare ogni giorno. Quattro anni dopo la sua dipartita mi appare con la stessa illogica follia delle cose e delle persone più belle portate vie dalla vita per un destino beffardo che tuttora ignoro. Di Luigi resta, eredità vera di etica e di sacrificio, l’esempio della sua vita, la forza di rimanere lontano da ogni ombra, il suo senso d’amicizia e di fraternità, il suo sorriso, la sua curiosità, la sua tenerezza. Un impegno che si è fatto vivo ogni giorno di questi quattro anni di silenzio. E si è reso concreto tutte le volte che è stato necessario farsi frontiera contro ogni rassegnazione, ogni ombra, ogni marciume che vive nei nostri amati luoghi natii. Luigi resta un fulgido esempio di vita, l’amico fraterno di cui ho avuto l’onore e la fortuna di conoscerne il senso, la bellezza di una giornata di sole che guarda al futuro, un viaggio di curiosità verso l’ignoto, come in fondo, è stata la sua morte fisica. Resta l’anima di tutto quello che è stato e che rimane vivo.

francesco de rosa

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