Il presepe vivente di Sant’Anastasia va in scena a Betlemme

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Nacque nel 1981 sulle ferite ancora vive del terremoto che era stato il 23 novembre dell’80. Nacque per volere di un anastasiano di lungo corso, Luigi De Simone, che “si contende” ancora oggi, a settant’anni suonati e superati, con grande energia e passione tra la neurologia, la politica, la fede, la cultura e molte sue rappresentazioni: comprese quelle vere e proprie del teatro. Nacque facendo nascere una compagnia teatrale che si chiamò “Dei Giocondi” come giocondi erano stati quelli che stavano con Francesco d’Assisi ed incarnavano uno stile di vita vocato verso le lodi a Dio e la fratellanza con gli uomini. Dopo 37 anni ed una itineranza cbe ha unito Sant’Anastasia ai diversi altri luoghi della Campania (e non solo) dove è arrivato il presepe vivente dei Giocondi, ai primi di gennaio del 2018 si fa tappa a Betllemme per rivivere, con gli occhi del corpo, proprio sui luoghi dove tutto ebbe inizio la Natività ed altre scene del presepe vesuviano.

di roberto gui


Nei testi che narrano la vita di Francesco d’Assisi si legge che a Greccio nel 1223 Francesco volle vedere con gli occhi del corpo quello che era successo a Betlemme quando Gesù venne al mondo. E si persuase che questo potesse avvenire durante una Messa. Da allora Greccio conserva un primato che dura da molti secoli fino a quando il “contagio” di vedere con gli occhi del corpo quello che era accaduto a Betlemme arrivò in molti altri posti. In Italia la tradizione dei presepi viventi, che ritrova a Greccio la sua ispirazione, vede impegnate, da diversi decenni, molte comunità cittadine più o meno note che sanno incantare, già per loro natura e morfologia, il pubblico che osserva. Di certo, quando l’eclettico medico e neurologo Luigi De Simone, così attivo nell’impegno culturale e nella fede, pensò di iniziare nel lontano ’81 un percorso che lo avrebbe portato sino a qui, il presepe vivente era possibile vederlo ancora e solo presso pochi luoghi della penisola. Assieme ad un gruppo di ragazzi, impegnati attorno a lui, che si sarebbero chiamati, di lì a poco, Giocondi Luigi De Simone scrisse il canovaccio di una rappresentazione che doveva coniugare i testi sacri a quelli francescani, i colori della tradizione presepiale napoletana del ‘700 a quelli intrisi d’ascetismo e di fede fino ai costumi d’antropologia e di vita che si possono trovare alle falde del complesso Somma/Vesuvio in quella Sant’Anastasia dove il presepe vivente dei Giocondi trova ancora il momento cruciale durante la notte della vigilia di ogni 24 dicembre.

Diciotto scene raggruppate in tre momenti. C’è il momento dell’attesa con le scene del vecchio Testamento e dei suoi profeti; c’è il Nuovo Testamento con l’Annunciazione, ci sono gli scritti francescani. Il secondo momento/tratto compendia le scene di vita quotidiana, il mistero dell’incarnazione, la promessa di salvezza che si concretizza nel quotidiano del mondo ed entra nella storia accolta dai più semplici, dai poveri, dagli ultimi, dalle lavandaie, dai pescatori, dai pastori. Il terzo momento/tratto sono le attualizzazione della vita romano/giudaica. Le scene di Erode, i Magi: il potere che rifiuta e il potere che accogli. Luigi De Simone l’ha pensato così il canovaccio della rappresentazione scenica e teatrale del suo presepe vivente, Un’ostinazione che porta avanti in prima persona, un impegno che dura un anno e lo porta nelle scuole a reclutare le nuove leve, a ricordare quando famiglie intere, agli inizi di quel percorso si sono ritrovate unite da quella stessa emozione di fede e di cultura.

Un canovaccio che dura da 37 anni capace di affascinare adulti e bambini, attori consumati e viaggiatori per caso, donne e uomini. Ognuna delle scene con un suo recitato, un suo commento, una sua “colonna” sonora. Un presepe vivente che vuole farsi, per questo, “teatro dell’anima” e che negli anni si è fatto “itinerante”. A Positano e poi il centro storico di Napoli; piazza Plebiscito e Casoria, Portici e Furore, Pomigliano d’Arco e Sant’Anastasia che conserva, da 33 anni, la sua data fissa e centrale: il 24 dicembre, la sera della vigilia. Più di cento figuranti con costumi che vanno dal 700 napoletano al saio francescano, alla semplicità dei pastori della Galilea che vengono rappresentati nelle scene. Uno squarcio sul presente è provocazione e pensiero, impegno e denuncia: la violenza dell’Isis, i naufragi dei disperati e, quest’anno, la sofferenza dei bambini.

L’esperienza prossima di Betlemme quando il presepe vivente di Luigi De Simone e dei Giocondi verrà rappresentato sotto il cielo della Galilea nasce per caso come spesso nascono le cose belle. E’ Luigi De Simone stesso a raccontare l’antefatto. “Andavo pellegrino in Terra santa quando sull’aereo, per caso, ho incontrato l’arcivescovo Scemali. In un momento di conoscenza ho fatto dono a Scemali del mio racconto personale e del nostro presepe vesuviano. Poi avevo un libro con me con le immagini e la storia del presepe vivente. Da lì è nato un legame ed una proposta che abbiamo fatto al cardinale Scemali. Perché non portare sui luoghi dove tutto avvenne ciò che abbiamo cercato di rappresentare in questi anni?” Quella proposta ha fatto strada e con la partecipazione di più di cento persone, ai primi di gennaio, la rappresentazione del presepe vivente di Luigi De Simone e dei Giocondi arriverà là dove tutto cominciò. “Sarà un grande pellegrinaggio – tiene a dire Luigi De Simoneguidato dal vescovo di Nola Francesco Marino, con Lello Abete il sindaco di Sant’Anastasia dove il presepe nacque. Un pellegrinaggio che vedrà partecipazione del gruppo dei Giocondi con i figuranti di ogni età intenti a portare il loro vissuto in Terra santa. Il 3 di gennaio saremo nello spazio antistante la basilica di Nazareth con la rappresentazione dell’Annunciazione con una scena sulla vita di San Francesco. Il 6 gennaio, dopo aver assistito alla Messa in costume, nell’area dei Pastori ci sarà rappresentato la scena della Natività con l’arrivo dei Magi. Attorno i pescatori, le lavandaie, il frate.” Trentasette anni dopo quegli inizi, il presepe vivente vesuviano vive una delle sue esperienze più toccanti e significative sotto quel cielo della Galilea dove la cristianità di ogni parte vede il suo cominciamento. Si rinnova, in questo modo, per un puro caso, anche quel legame, nato diversi anni fa e poi mai più vivificato, del gemellaggio che fu siglato tra la città di Sant’Anastasia e quella di Betlemme.

(Le foto pubblicate sono di Salvatore Giordano)

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