Anna Rea, quattordici anni dopo la sua dipartita

Ci sono certe vite (e certe morti) che fanno della discrezione semplicemente una parola d’ordine. Fu così, a ripensarci oggi, quattordici anni dopo, anche la scomparsa prematura di Anna Teresa Rea, per tutti Anna, nata il 22 maggio del 1942 e morta il 14 febbraio del 2004 per un male incurabile, di quelli che ha stroncato tante altre giovani vite, qui ed altrove. Di quei mali che, si pensa, arrivino più in fretta, per qualche strada, dopo una sofferenza dell’animo, dopo aver patito qualche profondo o latente dolore. Silvana Rea, una delle sue tre sorelle, oggi tiene a precisarlo con fierezza. Che di tutte le sofferenze di cui la sorella maggiore, otto anni più di lei, fosse stata costretta a subire, nel corso della sua vita, nessuno aveva mai saputo niente. Se sia stata felice da vivere o, al contrario, profondamente sofferente da morire. Se abbia attraversato notti insonni oppure sia stata serena quando doveva e poteva esserlo nessuno lo seppe nel corso dei suoi 63 anni di vita vissuta. La vita, in fondo, è sempre un mistero. Come la morte. Perché si nasce e perché, ad un certo punto, si debba morire nessuno lo sa. Né come avvenga né dove avvenga.

Anna Rea era stata la prima di cinque figli di cui tre sorelle ed un solo fratello. Era stata in quella cittadina vesuviana operosa, popolare ma anche e stupidamente settaria del secondo dopoguerra. Era stata in una casa orientata da un’educazione familiare definita e consone ai tempi che viveva: la chiesa, la casa e il luogo di lavoro. Anna Rea si era preparata con dovizia e passione. Voleva stare tra i bambini ad insegnare la prima vera scuola della vita. Così stette dietro una cattedra per ben 39 anni ad onorare quel mestiere straordinario e difficile che è dell’insegnante. Un percorso che la portò nei Circoli didattici di Ischia, del quartiere Paciano a Pomigliano d’Arco e poi, per gran parte, presso l’ormai ex Secondo Circolo Didattico della sua Sant’Anastasia. Trentanove anni d’insegnamento e nessun giorno di festa tanto che il Direttore voleva segnalarla, quando andò in pensione, presso il Ministero dell’Istruzione per un encomio speciale che non arrivò mai perché non fu mai segnalato. In fondo, senza volerlo, le cose andarono come lei preferiva davvero: osservando la discrezione che l’aveva sempre guidata.

Anche nelle foto, ancora conservate con cura da Flora, Silvana e Lidia, le tre sorelle che oggi la ricordano con l’amore e la tenerezza di sempre, il sorriso migliore di Anna Rea è riservato ai suoi alunni con i quali sapeva usare dolcezza e fermezza.  Di quei sorrisi, misti al ruolo più convenzionale ed austero che la scuola ancora riservava agli insegnanti di ogni ordine e grado in quegli anni, sono in tanti oggi tra i suoi ex alunni a ricordarlo. Ricordano come fosse ieri i lineamenti e la voce della maestra Anna Rea che amava la musica e sosteneva le scelte di studio che i suoi alunni volevano fare. Sensibile, severa con se stessa e con coloro a cui voleva davvero bene, Anna Rea sapeva custodire il dono dell’amicizia così come ripudiava il pettegolezzo tanto in voga nelle cittadine di provincia troppo piccole per essere discrete, troppo grandi per essere ancora comunità accoglienti e rispettose di ogni altro. Anna Rea aveva visto all’orizzonte i cambiamenti che si sarebbero profilati: nella scuola, nella società, nella famiglia. Tanto impegnava se stessa a rendere il lavoro operoso, a dare sempre il massimo. Il 14 febbraio del 2004 se ne andò dopo due anni di malattia e di sofferenza. Lo fece senza clamore, senza cercare attraverso i suoi cari, un qualsiasi posto d’onore. E fu così chiaro quel bisogno che a qualcuno è sfuggito in tutti questi anni persino il più timido ricordo di ciò che era stata o aveva fatto in vita Anna Rea. Poi arrivano sere così dove il ricordo si fa più fitto e più necessario.

Silvana e Flora Rea ricordano tutto come fosse ieri: i ricami, il corredo, i cimeli di casa, l’anno quando, a 28 d’età, Anna volle sposarsi. Ricordano gli studi e persino i rimproveri che, chiari e netti, la prima sorella di casa riservava alle sue tre sorelle più piccole. Ma quando poi a Silvana e Flora, la sera prima del quattordicesimo anniversario di morte, chiedi che cosa, per esempio, sia impegnata a fare, quattordici anni dopo, Anna Rea non hanno alcun dubbio. Stasera se ne starà discreta accanto a qualche gruppo di angeli che vegliano da lassù sulle sorti misteriose, povere e mortali di noi, poveri umani.

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